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Rebibbia, certificati falsi e droga nel carcere romano: 32 gli arresti

  • Immagine del redattore:  Redazione La Capitale
    Redazione La Capitale
  • 27 gen
  • Tempo di lettura: 2 min

La prima indagine, che si è concentrata sul Servizio per le dipendenze (Ser.D.) dell’Asl Roma 2, operante a Rebibbia

rebibbia

Quello che è emerso dalle indagini è un sistema , promosso da uno psicologo del Ser.D, che aveva lo scopo di fare in modo che ai carcerati di Rebibbia fossero destinate a misure alternative alla detenzione, grazie al rilascio di certificazioni attestanti un abuso di stupefacenti, stato di tossicodipendenza o comunque precarie condizioni psicologiche.


La prima indagine, che si è concentrata sul Servizio per le dipendenze (Ser.D.) dell’Asl Roma 2, operante a Rebibbia, di questa maxi investigazione ha colpito quattro persone. Due di queste sono state messe agli arresti domiciliari e altre due destinatarie della misura interdittiva della sospensione dal pubblico servizio per un anno. Gli indagati sono accusati di reati come falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, corruzione e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.


Rebibbia, narcotraffico e complicità all’interno del carcere

La seconda indagine ha portato all’arresto di 28 persone indiziate di detenzione illecita e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. L'arresto è scattatto dopo il monitoraggio di un detenuto di spicco nel narcotraffico romano, ristretto a Rebibbia, che si ipotizza avesse contatti diretti con lo psicologo del Ser.D.


Le attività investigative hanno rivelato che il narcotrafficante, pur essendo in carcere, continuava a gestire un’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti operante principalmente nei quartieri sud-est di Roma, tra cui Tor Bella Monaca, Cinecittà-Tuscolano e Valle Martella di Zagarolo. Fondamentale il ruolo di due avvocati, uno dei quali arrestato, che avrebbero agito come intermediari, introducendo telefoni cellulari e sostanze stupefacenti nel carcere e trasmettendo ordini all’esterno.




 
 
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