Ostia, ha confessato il 24enne fermato per gli incendi ai sette stabilimenti: «Ho agito da solo»
- Giacomo Zito
- 27 mar
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 28 mar
Le forze dell'ordine hanno fermato il 24enne mentre era in spiaggia senza una spiegazione plausibile, finendo sin da subito nel mirino degli investigatori

Il procuratore aggiunto Giovanni Conzo ha disposto il fermo di Alessandro M, il 24enne italiano accusato dei 7 incendi che si sono sviluppati, tra lunedì e ieri, in altrettanti stabilimenti balneari di Ostia. «Ho agito da solo senza nessun mandante» è stato l'incipit della confessione resa agli investigatori, a cui ha successivamente aggiunto di aver fatto tutto per frustrazione e tristezza.
Nei suoi confronti l'accusa è di incendio doloso. Il giovane ha raccontato di avere appiccato le fiamme utilizzando una bomboletta spray e un accendino. Il ventenne è stato trasferito in carcere, per lui non è escluso che i pm possano chiedere una consulenza psichiatrica.
Il ragazzo era stato fermato durante le indagini delle forze dell'ordine a seguito degli incendi divampati ieri attorno alle 21 in diversi stabilimenti sul lungomare di Ostia. Tra questi, il Plinius, il Salus, l'Elmi e La Vittoria con i suoi rinomati pedalò con la forma di cigni.
Sin da subito le indagini avevano puntato a un'azione dolosa, nonché possibile rappresaglia dopo la decisione di ieri del Consiglio di Stato contro la sospensiva del Tar per le assegnazioni delle concessioni. Ad ora però rimane poco chiaro se abbia agito da solo o meno, considerata anche la distanza tra i roghi e la rapidità con cui sono divampati.
Le forze dell'ordine hanno fermato il 24enne mentre era in spiaggia senza una spiegazione plausibile, finendo sin da subito nel mirino degli investigatori. Con lui portava uno zaino contenente solo vestiti e un panino. Niente accendini, ma le sue giustificazioni – considerate vaghe e poco credibili – hanno insospettito gli agenti. In tarda mattinata ha infine confessato di essere coinvolto negli incendi, sia i cinque mercoledì sera, sia i due che hanno coinvolto i lidi Le Dune e Belsito.
Il racconto della nottata d'emergenza
Gli incendi sono scoppiati quasi in simultanea in punti distanti tra loro e sono avvenuti a poche dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione al Campidoglio nella battaglia per le concessioni balneari, riaccendendo le polemiche tra istituzioni e gestori dei lidi.
La prima chiamata d'emergenza è giunta ai vigili del fuoco poco dopo le 21 per domare le fiamme scoppiate al Salus, accanto al Pontile, dove erano andate a fuoco alcune cabine. L'intervento è stato rapido e terminato con successo. Dopo poco però la squadra è stata chiamata anche per intervenire al La Vittoria a poche centinaia di metri.
Mentre le operazioni di spegnimento erano ancora in corso, sono quindi arrivate le chiamate al vicino Elmi e al Plinius. Il secondo avrebbe subito danni maggiori anche a causa della poca reattività dei vigili già impegnati su altri fronti.
I vigili del fuoco hanno lavorato tutta la notte. Al Delfino hanno trovato un copertone usato come innesco, mentre al Plinius le fiamme hanno divorato strutture e attrezzature.
La controversia legale e la battaglia per le concessioni
L'ipotesi particolarmente concreta che dietro gli incendi della notte a Ostia ci sia un'azione dolosa è legata sia alle modalità con cui si sono appiccati gli incendi sia per la tempistica. Da anni, infatti, c’è una lunga controversia legale sulle concessioni degli stabilimenti balneari, un nodo che oppone lo Stato italiano, l’Unione Europea e i gestori delle spiagge.
La decisione del Consiglio di Stato di ieri dà la possibilità al Comune di Roma di portare avanti le gare d'appalto per l'assegnazione di 25 stabilimenti, 4 esercizi di ristorazione e 11 spiagge libere del Municipio X. Questo si oppone alla volontà degli attuali detentori degli stabilimenti che avrebbero voluto invece un'ulteriore proroga alle loro concessioni, motivo per cui si sono infine rivolti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
La questione non riguarda però solo Ostia, ma è una discussione nazionale. Per legge, le spiagge italiane sono demani pubblici e lo Stato può decidere come e quando concederne l'uso a privati. Lo può fare solo temporaneamente e attraverso delle gare d'appalto, come impongono le norme Ue sulla concorrenza.
Nel particolare, il centro della questione ruota attorno alla direttiva Bolkestein voluta dall'Ue, la cui approvazione risale al 2006, e a un punto, ovvero la rimessa al bando per alcune concessioni pubbliche.
La direttiva punta a rendere più facile e trasparente la possibilità tra i cittadini dell'Unione di partecipare e di proporre servizi fra gli Stati, facendo sparire le barriere tra i diversi territori. Per giungere a questo obiettivo, si prevede quindi anche il divieto di proroga per le concessioni all’uso delle aree demaniali, come (ma non solo) nel caso delle spiagge.
L'Italia su questo è arrivata in estremo ritardo, a causa dalla resistenza dei proprietari di stabilimenti in tutto il Paese. Nel 2012 sono infine stati indicati i parametri da prevedere per i nuovi bandi. Per lungo tempo però questo sistema è stato disatteso ed è stata invece preferita la vecchia procedura di rinnovo automatico.
Poi, nel settembre del 2024, il governo ha approvato un decreto-legge che impone di bandire tutte le gare entro giugno 2027, cercando di adeguarsi alle direttive europee.
Il caso dei balneari di Ostia e lo scontro con il Comune
Ostia, essendo parte del territorio capitolino, rientra nelle competenze del Comune di Roma, che nei mesi scorsi ha avviato le procedure per il rinnovo delle concessioni. Tuttavia, molti balneari hanno fatto ricorso al TAR del Lazio, ottenendo due settimane fa la sospensione del bando.
Mercoledì 26 marzo, però, il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione, dando ragione al Campidoglio e riaprendo la strada alle gare. La sentenza definitiva arriverà a ottobre, ma intanto il tribunale ha stabilito che il bando non esclude gli attuali gestori, ma garantisce pari opportunità per nuovi operatori e che bloccare le procedure avrebbe rischiato di ritardare l’apertura della stagione balneare.