Omicidio Mollicone, la Cassazione dispone l'appello bis. La sorella di Serena: «Da oggi abbiamo speranza»
Aggiornamento: 12 mar
I giudici della Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso della procura generale, annullando le assoluzioni in secondo grado per Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, per il figlio Marco e per la moglie Annamaria

Nuovo processo per i Mottola. Dopo quasi 24 anni di indagini, processi e colpi di scena, oggi – martedì 11 marzo 2025 – è arrivato un momento cruciale: la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della procura generale, annullando le assoluzioni in secondo grado per Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, per il figlio Marco e per la moglie Annamaria, accusati di concorso nell'omicidio di Serena Mollicone, la studentessa diciottenne di Arce brutalmente uccisa nel 2001. Si celebrerà quindi un processo di appello bis.
Dopo lunghi anni di dibattimento, sia la Corte d’Assise di Cassino che la Corte d’Appello di Roma avevano assolto tutti gli imputati per insufficienza di prove. La sentenza di oggi era l'ultima speranza della famiglia Mollicone di ottenere giustizia per la giovane vittima. «Il mio pensiero va a mia sorella che non rivedrò più nella mia vita, così come mio padre. Noi confidiamo nella giustizia che attendiamo da 24 anni. Da oggi abbiamo speranza», è stato il commento della sorella Consuelo
sulla sentenza della Cassazione.
L'omicidio Mollicone: una cronaca nera ancora senza verità
Era il 1° giugno 2001 quando Serena Mollicone uscì di casa per recarsi a una visita odontoiatrica. Da quel momento, di lei si persero le tracce. Il suo corpo senza vita fu ritrovato due giorni dopo in un bosco in località Fonte Cupa, nel comune di Anitrella: mani e piedi legati, nastro adesivo su naso e bocca, un sacchetto in testa. L’autopsia confermò: colpita violentemente alla testa, poi soffocata.
Il caso, fin da subito, si rivelò complesso e pieno di ombre, con depistaggi, errori investigativi e piste abbandonate. Le prime indagini portarono all’arresto del carrozziere Carmine Belli, poi assolto per totale estraneità ai fatti.
Le svolte investigative e il giallo Santino Tuzi
Nel 2008, una nuova testimonianza cambiò tutto: il brigadiere Santino Tuzi dichiarò di aver visto Serena entrare nella caserma dei Carabinieri di Arce il giorno della scomparsa. Pochi giorni dopo, Tuzi fu trovato morto. Suicidio secondo la versione ufficiale, ma circondato da dubbi inquietanti e sospetti di silenzio imposto.
Nel 2011, una perizia stabilì che il trauma cranico subito da Serena poteva essere compatibile con l’impatto contro una porta della stessa caserma. A quel punto, le indagini si concentrarono sulla famiglia Mottola, all’epoca residente proprio all’interno della struttura.
La ricostruzione dell’accusa
Secondo l’accusa, Serena Mollicone sarebbe stata uccisa dopo una lite con Marco Mottola, e successivamente il suo corpo sarebbe stato spostato per simulare un depistaggio. Il processo fu avviato nel 2019 dalla procura di Cassino, coinvolgendo oltre ai Mottola anche i carabinieri Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale.
«Giustizia per Serena», striscioni a Roma davanti alla Corte di Cassazione per l'udienza sul caso Mollicone
Due striscioni con la scritta «Giustizia per Serena» sono stati esposti nei giardini di piazza Cavour a Roma, proprio di fronte alla Corte di Cassazione, dove oggi si è tenuta l’udienza del processo per l’omicidio di Serena Mollicone, la 18enne di Arce uccisa nel giugno del 2001 in circostanze ancora misteriose.
Su uno degli striscioni, a firma Telefono Rosa Frosinone, era scritto: «Giustizia per Serena, mai più storia di ordinaria violenza», mentre sull’altro la frase: «24 anni di verità e giustizia negata. Ora Serena non merita di essere archiviata». E infatti non è stato così. Dopo tre ore in Camera di Consiglio, i giudici hanno deciso che è necessario continuare a cercare la verità per dare giustizia alla 18enne.
Il caso Serena Mollicone, in breve
Serena, una ragazza di 18 anni di Arce (in provincia di Frosinone), scompare il 1° giugno 2001. Due giorni dopo, il suo corpo viene ritrovato in un boschetto, con mani e piedi legati e la testa in un sacchetto.
Le indagini si rivelano fin da subito confuse e piene di depistaggi.
Il padre Guglielmo denuncia che Serena voleva denunciare un giro di droga legato alla caserma dei carabinieri.
Inizialmente viene accusato Carmine Belli, un carrozziere che l’aveva vista litigare con Marco Mottola, figlio del maresciallo dei carabinieri Franco Mottola. Belli verrà poi assolto. Anni dopo, nel 2008, Santino Tuzi, un carabiniere, si suicida dopo aver testimoniato di aver visto Serena entrare in caserma e non uscire più.
Le indagini si riaprono: secondo l’accusa, Serena sarebbe stata uccisa nella caserma, dopo un litigio con Marco Mottola. Sarebbe stata colpita alla testa, lasciata agonizzante per ore, poi trasportata e abbandonata nel bosco. I Mottola, secondo l'accusa, avrebbero messo in atto una serie di depistaggi, come la sparizione e ricollocazione del cellulare della ragazza, false piste sataniche, e l’arresto di un innocente. A processo vanno Franco, Marco e Annamaria Mottola (madre), oltre a due carabinieri (accusati di favoreggiamento e induzione al suicidio di Tuzi). Nel 2024 tutti vengono assolti in appello. Ma ora, nel 2025, la Cassazione ha ribaltato le assoluzioni dei Mottola.
Nel frattempo, Guglielmo Mollicone, padre di Serena, e simbolo della battaglia per la verità, è morto nel 2020, senza aver visto giustizia per sua figlia.
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