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Minacce e estorsioni al «Re del tiramisù»: arrestato il cognato di Roberto Pompi

  • Immagine del redattore:  Redazione La Capitale
    Redazione La Capitale
  • 10 mag
  • Tempo di lettura: 3 min

Dopo la denuncia presentata da Pompi e dalla moglie, i carabinieri della Compagnia di Castel Gandolfo hanno fermato l’indagato con le accuse di estorsione e tentata estorsione.

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Uno dei punti vendita Pompi

Minacce di morte a Roberto Pompi, il re del tiramisù di Roma, dall'uomo che aveva licenziato poco tempo prima costringendolo a versare 80 mila euro, per più volte. È il cognato 42enne, G.C. con precedenti anche nella polizia, ad essere stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di estorsione e tentata estorsione, riporta il Corriere della Sera. Adesso è nel carcere di Velletri.


«Come ti prendo, ti taglio la testa col coltello del pane». «Se mi muovo io, ti segno a vita»,

«È vero che mi faccio la galera, ma io ti sfregio a vita». «Il 2 maggio tu mi porti in gioielleria, mi dai i soldi e parto. Se no, vengo là adesso, pio 20 anni, ma quanto è vero Dio, ti do 30 coltellate in faccia (…) Voglio tutti i soldi».


Erano solo alcune delle gravi minacce che Roberto Pompi, noto imprenditore romano conosciuto come il "re del tiramisù", riceveva quotidianamente dal cognato, fratello della moglie, che avrebbe vessato anche lei, strattonandola in almeno un’occasione.


A riportare i dettagli di questo inquietante caso è l’ordinanza di convalida del fermo, firmata dal gip del tribunale di Velletri, Natalia Catena, visionata dall’Adnkronos.


La denuncia di Pompi

L’uomo era già noto alle forze dell’ordine per reati come resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali, violenza privata e porto abusivo di armi.


Dopo la denuncia presentata da Pompi e dalla moglie, i carabinieri della Compagnia di Castel Gandolfo hanno fermato l’indagato con le accuse di estorsione e tentata estorsione.


Estorsioni e minacce di morte: la ricostruzione dei fatti

Secondo quanto emerso dalle indagini, l’uomo – che percepiva l’indennità di disoccupazione dall’Inps – avrebbe messo in atto sistematiche e violente condotte estorsive.


Il gip scrive che l’indagato, «dipendente da alcol e droga sin da quando aveva 16/17 anni», è stato aiutato per oltre 20 anni da Pompi e dalla moglie, ma senza alcun risultato positivo. L’imprenditore aveva persino provato ad assumerlo nella propria azienda, ma il cognato si era dimostrato

«totalmente incapace di mantenere un minimo di disciplina».

I tentativi di aiutarlo non si sono fermati lì. Pompi aveva persino donato 30mila euro al cognato per avviare un’attività, ma la somma è stata rapidamente sperperata.


A gennaio scorso, l’indagato avrebbe chiesto di poter utilizzare il marchio di famiglia per aprire un locale a Ostia. Al rifiuto di Pompi, avrebbe minacciato che

«l’affare interessava personaggi di elevata caratura criminale»

costringendo così la vittima a versare 25mila euro, equivalenti a 12.500 euro per ciascun locale.


Ma la richiesta di denaro non si è fermata. Nei giorni successivi, l’uomo ha continuato a pretendere ulteriori somme. In un incontro sotto il negozio di San Giovanni, Pompi sarebbe stato aggredito verbalmente e minacciato affinché consegnasse 70mila euro, altrimenti sarebbero arrivati «questi altri» a chiedere ulteriori 200mila euro.


Profilo violento e senza scrupoli

Nell’ordinanza, il gip mette in evidenza

«la violenza e l’aggressività elevate»

dell’indagato, sottolineando come «mostri di non avere alcuno scrupolo, nonostante le vittime siano la sorella e il cognato, che lo hanno aiutato in ogni modo».

Il linguaggio utilizzato, evidenzia il giudice, è

«indice di una totale assenza di freni inibitori»,

a testimonianza di una pericolosità sociale elevata.

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