Lo psicologo di Rebibbia e l’avvocata dei boss: così il traffico di droga continuava dietro le sbarre
- Redazione La Capitale
- 28 gen
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Lo psicologo di Rebibbia arrestato per falsi certificati: coinvolti avvocati e boss della droga in un traffico internazionale

Non usava il telefono per paura di intercettazioni, ma Vincenzo Saulino, 69 anni, psicologo dell’unità per le patologie da dipendenza in ambito penitenziario a Rebibbia, è stato scoperto grazie a telecamere e microfoni nascosti installati dalla polizia penitenziaria. L’indagine ha rivelato che Saulino forniva falsi certificati medici a detenuti in cambio di denaro, certificati utilizzati per ottenere permessi di uscita o misure alternative sulla base di presunti colloqui psicologici.
Su ordine del giudice per le indagini preliminari Annalisa Marzano, Saulino è stato posto agli arresti domiciliari nell’ambito di un’indagine più ampia condotta dalla polizia penitenziaria e dai carabinieri del Gruppo di Frascati. Questa operazione ha smantellato un traffico internazionale di cocaina gestito da boss detenuti a Rebibbia, con la presunta complicità di alcuni avvocati.
Le accuse agli avvocati e i legami con i boss
Tra i coinvolti spiccano i nomi degli avvocati Lucia Gargano e Danilo Siliquini. Gargano, arrestata, è già nota alle cronache per il suo coinvolgimento nell’inchiesta sulla «pace mafiosa» del 2017, che vedeva protagonisti Salvatore Casamonica e Diabolik. Nonostante una condanna in primo grado, era stata successivamente assolta.
Siliquini, invece, era finito ai domiciliari nel 2018 per aver fornito droga e telefonini a un detenuto. Secondo l’accusa, Gargano faceva da tramite tra i boss reclusi e i narcos in libertà, garantendo che il traffico di droga proseguisse senza interruzioni.
Un sistema rodato tra pizzini, telefonini e falsi certificati
Il traffico di cocaina aveva come destinazioni le piazze di spaccio di Tor Bella Monaca, Cinecittà, Tuscolano e Valle Martella. Tra i principali gestori spicca il nome di Christian Damiani, detto «Tacchino», che anche da latitante riusciva a dirigere l’organizzazione tramite pizzini e telefoni cellulari.
Lo psicologo Vincenzo Saulino, secondo quanto emerso dalle indagini, forniva il suo contributo creando falsi certificati psicologici in cambio di somme di denaro, come i mille euro pagati da un detenuto.
Il ruolo del pentito e le misure cautelari
Le rivelazioni di un collaboratore di giustizia hanno permesso agli investigatori di scoprire il sistema gestito dallo psicologo, che mirava anche ad aumentare il proprio compenso lavorativo attraverso un incremento delle ore di servizio. Saulino avrebbe tentato di ottenere 100mila euro di finanziamenti regionali per un progetto mai realizzato, chiamato «Progetto sportello».
Oltre a Saulino, agli arresti domiciliari è finito anche Maurizio Mastromatteo, detenuto che avrebbe acquistato i certificati falsi. Le operatrici penitenziarie Antonella Abate e Claudia Bove sono state sospese per un anno dal servizio pubblico.