«L'ho mandato in carcere ma ora vivo in una stanza senza luce», storie di violenza e povertà nella periferia romana
- Titty Santoriello Indiano
- 8 mar
- Tempo di lettura: 5 min
Le loro storie di abusi si intrecciano con i problemi legati alla mancanza di lavoro in una periferia di Roma, Torre Maura, tra le aree più povere della città. Abbiamo incontrato Marta e Giulia (nomi di fantasia, ndr) al Polo civico del quartiere che aiuta concretamente chi è più in difficoltà anche con percorsi di formazione retribuita e di sostegno al reddito

Marta è stata 5 giorni in coma in seguito alle violenze subite da suo marito dalle quali non è riuscita a sottrarsi subito: ha voluto attendere che i figli crescessero, prima di scappare e trovarsi sola e senza nulla tanto da dormire nelle stazioni ferroviarie. Giulia, dopo le violenze, ha denunciato il suo ex che ora si trova in carcere. Intanto lei oggi vive con sua figlia in una stanza senza elettricità e mangia pasta a pranzo e a cena perché non ha soldi e non ha un’occupazione. Le loro storie di abusi si intrecciano con i problemi legati alla mancanza di lavoro in una periferia di Roma, Torre Maura, tra le aree più povere della città. Abbiamo incontrato Marta e Giulia al Polo civico che, attraverso uno sportello di ascolto ospitato dal centro giovanile Godzilla, aiuta concretamente chi è più in difficoltà anche con percorsi di formazione retribuita e di sostegno al reddito.
«Mi ha spaccato il sopracciglio e mi ha fatto cadere dalle scale...Mi hanno aiutato le persone buone»
«Sono stata sposata per 26 anni e ho avuto due bambini. Con mio marito ci siamo separati perché lui faceva uso di cocaina e beveva, si sfogava su di me o sui ragazzini ma meglio che lo facesse con me», racconta Marta. «Una volta con i miei figli me ne sono andata. Con lui era una umiliazione sia fisica che psichica, mi umiliava in tutti i modi. Eppure quando è andato a finire in carcere l’ho sempre aiutato, l’ho sempre tirato fuori anche per amore dei figli, che fai? Gli levi il padre?
Poi quando sono diventati grandi ho deciso di lasciarlo».
Ti picchiava?
«Una sedia in faccia che mi ha spaccato il sopracciglio, una botta sul cancello mi ha spaccato l’altro sopracciglio, poi mi ha fatto sbattere il naso sul muretto e mi ha fatto cascare dalle scale. Sono stata cinque giorni in coma e mi hanno messo 50 punti in fronte e poi mi ha rotto i denti. Ora sto ricominciando a mettere le cose a posto».
Quando sei scappata dove sei andata?
Sono andata in Francia, me la sono cavata dormendo alla stazione e racimolando qualcosa con dei lavoretti al ristorante. Poi mi sono rotta la mano e sono tornata in Italia, ho dormito a Termini e a Tiburtina, mi so fatta un paio di anni a dormire per strada».
Chi ti ha aiutato?
«Mi hanno aiutato le persone buone: quando sono arrivata a Como mi ha dato una mano la Caritas e quando dormivo alla stazione un pizzaiolo mi portava la pizza tutte le sere. C'era chi mi regalava il sapone e andavo a lavarmi alla doccia comunale e chi mi portava i vestiti.
Quando sono tornata, i genitori mi hanno aiutato a tirarmi su, ora ho un lavoro di cura da una signora, mi fa mangiare con lei. E poi sono arrivata al Polo civico perché me lo hanno consigliato, ho bisogno di un sostegno perché non ho tanti soldi».
Il futuro?
«Mi basta poter essere quello che sono, non pretendo troppo dalla vita»
«L'ho mandato in carcere il mio ex ma ora come vivo? Non abbiamo neanche i soldi per accendere le candele la sera»
«Mi maltrattava ogni giorno e beveva dalla mattina alla sera», racconta Giulia. «Se la prendeva con me e con sua madre. Anche lei lo ha denunciato, infatti, ed ora sta in carcere. Una sera mi ha messo le mani al collo ma siamo riuscite a scappare e poi sono andata dai carabinieri»
Da cosa scaturiva la violenza?
«Non avevo messo un piatto a posto, non l’avevo salutato, oppure diceva "hai guardato quello", lui partiva da una piccola cosa come spostare una sedia in un posto che non gli andava bene e da lì partiva la rabbia.
Poi quando sei scappata cosa è successo?
«Ci hanno portato in una struttura protetta, eravamo sole io e mia figlia in un posto sperduto, un incubo. Sono state un incubo anche le strutture. Poi a un certo punto non dormivo più, stavo male, mi hanno dato le pasticche per dormire e per questo mi hanno separato da mia figlia. Lei è stata due anni in una struttura poi sono riuscita a farla uscire.
Adesso come vivi?
«Adesso stiamo qui nel quartiere, in una stanza, non abbiamo luce, se non mi fanno il cambio di residenza non posso lavorare, non abbiamo da mangiare e campiamo con l’elemosina della chiesa, a pasta tutti i giorni sia a pranzo che a cena. Al Polo civico ci aiutano, mia figlia lo frequenta e si è un pò ripresa ma poi arriva la sera, stiamo al buio, non abbiamo neanche i soldi per le candele. Non ho un lavoro e non ho un sostegno, siamo due pezzenti. In carcere l'ho mandato il mio ex ma noi ora di che campiamo?
E il futuro?
Vorrei essere normale come voi, vorrei un lavoretto, mangiare tutti i giorni ma non solo pasta, andare a comprare un paio di scarpe o un gelato con mia figlia.
Il Polo civico Torre Maura: «Percorsi di formazione retribuita e sostegno al reddito»
Marta e Giulia frequentano lo sportello del Polo civico Torre Maura dove arrivano i giovani ma anche i 50, 60enni che, dopo aver perso il lavoro, hanno difficoltà a reinserirsi. E poi ci sono le donne con un passato di violenza che si ritrovano senza una rete di sostegno. Una realtà, riconosciuta dal Comune, che si prende cura anche delle cosiddette persone «inattive» che secondo l'Istat nel 2024 sono state 800mila.
Il nostro intento è «creare e sostenere un welfare di prossimità anche in seguito alla mancanza di risposte per il sostengo al reddito a livello nazionale come è accaduto con la cancellazione del reddito di cittadinanza», spiega Carolina Farina del Polo civico Torre Maura. Anche «le proposte dell’assegno di inclusione e dei percorsi di formazione-lavoro non si sono rivelate adeguate: sono pochissime le persone che sono inserite e moltissime quelle che li lasciano perdere proprio perché non sono percorsi di prossimità».
«Noi come Polo civico abbiamo pensato di costruire un’alternativa e sperimentare dei percorsi di formazione retribuita e sostegno al reddito che coinvolgano le persone sulle opportunità sociali per il territorio: dalla cura degli spazi pubblici, come ad esempio il parco di quartiere, alle attività culturali nelle scuole o a quelle del centro sociale Godzilla. Per un’offerta culturale che mette in prima linea chi è senza lavoro».