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Il sindaco Gualtieri in visita al Refuge Lgbt+, la casa famiglia che ospita giovani vittima di violenza fisica o psicologica

  • Immagine del redattore: Camilla Palladino
    Camilla Palladino
  • 30 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

Al momento nella casa famiglia, il cui indirizzo è riservato per tutelare la sicurezza degli utenti, convivono 8 ragazzi, tutti tra i 21 e i 24 anni, vale a dire il numero massimo della capienza

La visita del sindaco Roberto Gualtieri al Refuge Lgbt+ (La Capitale)
La visita del sindaco Roberto Gualtieri nella casa famiglia di Refuge Lgbt+ (La Capitale)

Oltre 140 persone. È il numero delle ragazze e dei ragazzi ospitati in dieci anni nelle tre strutture del progetto Refuge Lgbt+, gestito da Gay Center e sostenuto economicamente dall'ufficio nazionale antidiscriminazioni e da una parte dell'8x1000 dell'istituto buddista italiano Soka Gakkai. Si tratta di giovani che nelle loro case hanno subìto violenza fisica o psicologica, e che hanno bisogno di un posto sicuro in cui stare. Come quelli che abitano nel Refuge Lgbt, attivo dal 2016 e primo in Italia ad accogliere minori affidati direttamente dai tribunali, visitato nella serata di mercoledì 30 aprile dal sindaco Roberto Gualtieri in vista della  della Giornata mondiale contro l'omobitransfobia che sarà celebrata il prossimo 17 maggio, insieme al presidente dell'XI municipio Gianluca Lanzi, alla coordinatrice dell'ufficio Diritti Lgbt+ del Campidoglio Marilena Grassadonia e alla segretaria generale dell'istituto buddista italiano Soka Gakkai Tamiko Kaneda.


Gli ospiti della casa famiglia Refuge Lgbt+

Al momento nella casa famiglia, il cui indirizzo è riservato per tutelare la sicurezza degli utenti, convivono 8 ragazzi, tutti tra i 21 e i 24 anni, vale a dire il numero massimo della capienza. Le altre due strutture del network sono il Refuge T*, attivo dal 2021 al 2024 che nel tempo ha accolto persone trans fino a 40 anni di età, e Refuge co-housing Lgbt+, operativo dal 2024 in un immobile sequestrato alla mafia per accogliere persone Lgbt+ vittime di violenza e discriminazione o migranti, per la prima volta nel centro storico di Roma.


Marini: «Questo è un punto di partenza»

«Molte delle persone che arrivano transitano attraverso la Gay Help Line, che è il numero nazionale contro l'omolesbobitransfobia. Quindi riceviamo delle segnalazioni, in base a quelle cerchiamo di capire quali persone possiamo accogliere, tenendo conto che i posti sono limitati», spiega la coordinatrice del network Marina Marini. E racconta: «Questo è un punto di partenza, non di arrivo. Non c'è un tempo massimo di permanenza. Il tempo minimo è dato invece dal fatto che molte persone vengono da altre parti d'Italia, città più piccole di Roma, quindi il periodo per abituarsi allo spaesamento è di 6 mesi. Per il resto dipende dal progetto, che sia formativo o lavorativo».


Gualtieri: «L'amministrazione contrasta ogni forma di discriminazione»

Al numero di persone accolte nelle strutture del progetto, si aggiunge un altro dato significativo: il contact center nazionale della Gay Help Line, nel suo primo ventennio di vita, ha risposto a oltre 350mila contatti, con una media di circa 20mila all’anno negli ultimi cinque anni. «Gli atti violenti di discriminazione verso le persone Lgbt sono troppi. Quindi è veramente molto importante che esistano centri come questo. La comunità Lgbt deve avere un'amministrazione che contrasta ogni forma di discriminazione con politiche concrete attive in collaborazione con tutte le associazioni», commenta il sindaco Gualtieri, aggiungendo che il Campidoglio sta «lavorando con una rete di sportelli per consentire a tutti i cittadini di avere un'informazione, e poi sulla formazione del personale di Roma Capitale a essere non discriminatorio».

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