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IA in Italia: potenzialità e sfide per il futuro di imprese e manager

Redazione La Capitale

Solo l'intelligenza umana può realmente governare questa rivoluzione, guidando l'integrazione dell'AI in modo responsabile e sostenibile e affrontando con determinazione le sfide etiche che ne derivano

intelligenza artificiale

L'intelligenza artificiale possiede un potere trasformativo che sta ridefinendo ogni aspetto della nostra società: dalla geopolitica al mercato del lavoro, dall'arte alla scienza. Tuttavia, solo l'intelligenza umana può realmente governare questa rivoluzione, guidando l'integrazione dell'AI in modo responsabile e sostenibile e affrontando con determinazione le sfide etiche che ne derivano. E’ questa la visione che traccia il percorso di analisi del VI rapporto dell'Osservatorio di 4.Manager Intelligenza Artificiale. Cambiamento culturale e organizzativo per imprese e manager: nuove traiettorie della managerialità" presentato oggi in occasione dell'apertura dell'anno accademico della Pontificia Università Antonianum.


Il Rapporto rivela come oggi quasi 10.000 imprese italiane hanno già adottato tecnologie di AI, con un balzo di circa 30 per cento rispetto all’anno precedente, evidenziando una domanda di competenze che è aumentata del 157 per cento in 5 anni. Tuttavia, dietro questo progresso si celano divari e ostacoli significativi che richiedono investimenti non solo in tecnologie, ma soprattutto nelle competenze manageriali indispensabili per guidare l'innovazione.


“Sebbene l'intelligenza artificiale stia rivoluzionando il mondo dell’impresa, il vero valore continua a risiedere nell'intelligenza umana" afferma Stefano Cuzzilla, Presidente di 4.Manager e Federmanager.


L'Intelligenza Artificiale in Italia: un settore in espansione con sfide disomogenee

I dati del Rapporto, raccolti attraverso una combinazione di indagini campionarie e fonti istituzionali come Istat e Eurostat, rivelano che a settembre 2024 circa 10.000 imprese italiane utilizzano o integrano l'AI nelle proprie linee di prodotto o servizio, segnando un incremento di circa 30 per cento rispetto all'anno precedente.


Parallelamente, dal 2019 le richieste di professionisti con competenze in AI sono aumentate del 157 per cento, segnalando un'espansione significativa della domanda in questo settore.


Il 2024 si profila quindi come un anno di svolta, con una crescita esponenziale di professionisti alle prese con l’AI, che passano da 40.000 a oltre 300.000. Questo sviluppo è accompagnato da un significativo aumento della partecipazione femminile nel settore, che è salita dal 30 per cento a oltre il 40 per cento, suggerendo un ruolo sempre più centrale delle donne nelle professioni Stem.


Tuttavia, la diffusione dell'intelligenza artificiale nelle imprese italiane rivela una chiara disomogeneità tra le grandi aziende e le piccole e medie imprese. Le imprese di grandi dimensioni, grazie alle loro risorse e capacità di investimento, hanno un tasso di adozione dell'AI del 24 per cento, mentre solo il 5 per cento delle piccole imprese è riuscito a implementare queste tecnologie. Le città che trainano questa crescita, come Milano, Roma, Torino, Bologna e Napoli, sono i principali centri di adozione nei settori IT, sviluppo software e servizi di ricerca.


«L'Italia possiede un patrimonio unico di intelligenze umane, filiere produttive e risorse culturali, ancora in gran parte da valorizzare attraverso l'AI», commenta Giuseppe Torre, Responsabile scientifico dell'Osservatorio 4.Manager. «Se sapremo potenziare le nostre industrie, combinando competenze umane di alto livello con l'intelligenza artificiale, potremo incrementare enormemente la nostra capacità di generare valore, mantenendo quel DNA che ci rende competitivi e riconoscibili sui mercati globali».


«Il mondo dei media e dell’informazione è uno dei settori più impattati dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale Generativa e ha scatenato grandi dibattiti sui rischi del deep fake e della misinformation. Per questo – ha spiegato l’amministratrice delegata del Gruppo 24 ORE Mirja Cartia d’Asero - nell’avviare progetti che prevedono l’implementazione dell’IA sui nostri contenuti di qualità abbiamo prima di tutto condiviso al nostro interno un Codice di Autodisciplina per l’applicazione etica delle intelligenze artificiali all'interno delle nostre attività editoriali, che punta in primo luogo sulla centralità del ruolo umano e professionale nel processo di sviluppo e adozione dell’IA».


Ostacoli all'AI: la mancanza di competenze digitali colpisce il 55% delle aziende, mentre il 50% riferisce costi elevati

I progressi quindi ci sono ma accompagnati da importanti ostacoli: nonostante la crescita esponenziale del numero dei professionisti impegnati con l’AI, la mancanza di competenze digitali rimane il principale freno, identificato dal 55% delle aziende. Inoltre, nel 2023, solo il 46% della popolazione italiana possedeva competenze digitali di base, un dato inferiore alla media UE del 56%. I costi elevati, in particolare per le PMI e per le aziende del Centro-Sud, rappresentano un'altra barriera significativa, segnalata dal 50% delle imprese.


Anche la disponibilità e qualità dei dati per l'addestramento dei modelli di AI è un problema per il 46% delle imprese. Particolare attenzione merita l'ostacolo rappresentato dalle considerazioni etiche, che sono indicate come una difficoltà da 1 impresa su 4. Ostacoli culturali, come la scarsa chiarezza normativa e le preoccupazioni sulla privacy, completano il quadro delle difficoltà che frenano lo sviluppo dell'AI in Italia.


Afferma Andrea Ricci, Dirigente di Ricerca in Economia Applicata all'INAPP "Rimuovere gli ostacoli alla diffusione inclusiva della AI chiama in causa serie di fattori, tra questi: competenze manageriali, infrastrutture tecnologiche e sociale, nuove forme di organizzazione del lavoro. Questi fattori però vanno coordinati dentro una visione strategica e condivisa".


Formazione e profili strategici: l'urgenza di colmare il divario nelle competenze sull'IA

Per affrontare le trasformazioni imposte dall'Intelligenza Artificiale, 4.Manager evidenzia la necessità di un nuovo paradigma che mette al centro la formazione continua, una leadership forte e una cultura aziendale orientata all'innovazione. Questi fattori sono cruciali per sbloccare il potenziale dell'IA, che oggi mostra un panorama frammentato: il 45,7% dei dirigenti e manager e il 55,2% degli altri lavoratori non hanno mai seguito alcun corso di formazione specifica sull'IA nell’ultimo anno, evidenziando un significativo divario di competenze a tutti i livelli aziendali.


Non si tratta solo di quantità, ma anche di qualità: la formazione attuale non risponde pienamente alle sfide poste dall'IA. Con una valutazione media di efficacia di appena 3,3 su 5, i percorsi attuali sono percepiti come insufficienti. Questo scenario evidenzia l'urgenza di sviluppare programmi più mirati e di qualità, in grado di soddisfare le esigenze delle aziende italiane, alla ricerca di professionisti che uniscano competenze tecniche a leadership e gestione del cambiamento.


In questo contesto il Rettore della Pontificia Università Antonianum, Agustín Hernández Vidales, presenta una nuova proposta della Facoltà di Filosofia: un percorso di alta specializzazione in etica e intelligenza artificiale.


Questo innovativo programma si ispira alla necessità di sviluppare un’etica non semplicemente dell'IA, ma per l'IA. Come afferma il Rettore: «In tale direzione, è importante allargare lo sguardo formando l’AI Ethics Officer nella prospettiva dell’intelligenza integrale. L’ AI Ethics Officer rappresenta una figura imprescindibile per il futuro prossimo poiché garantisce un uso etico, trasparente e responsabile dell'Intelligenza Artificiale».

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