Furto a Chanel di via del Babuino, ex dipendente e Gioielleria Vintage al centro di un intrigo da 69mila euro
La situazione è diventata più chiara quando una responsabile del negozio Chanel ha individuato una borsa sospetta, riconosciuta come una Chanel rubata, esposta nello stand della gioielleria Vintage durante una fiera dell’antiquariato a Parma

Un caso che intreccia la storica maison Chanel e una nota gioielleria romana. I protagonisti la fondatrice della gioielleria Vintage, un ex dipendente di Chanel e il suo ex compagno e collaboratore della fondatrice della gioielleria. Il trio è accusato di furto e ricettazione, reati legati alla sparizione di borse di lusso nella capitale nel 2020.
Tutto ha inizio in via del Babuino, sede di una delle boutique Chanel più prestigiose. Secondo le indagini della procura, il dipendente del brand avrebbe approfittato della sua posizione per sottrarre nove borse dal magazzino, un bottino dal valore complessivo di 69mila euro. Gli altri due avrebbero avuto ruoli chiave: uno ricevendo gli oggetti rubati, la fondatrice cercando di rivenderli.
Le borse Chanel rubate venivano vendute nella gioielleria
La scoperta del furto è avvenuta il 5 ottobre 2020, quando la responsabile delle boutique Chanel a Roma, ha presentato denuncia ai carabinieri dopo aver riscontrato la scomparsa di numerosi articoli, tra cui borse, scarpe e occhiali. La situazione si è complicata ulteriormente quando questa ha individuato una borsa sospetta, riconosciuta come una Chanel rubata, esposta nello stand della gioielleria Vintage durante una fiera dell’antiquariato a Parma.
Dopo la denuncia, Chanel ha inviato un collaboratore a Parma per acquistare la borsa incriminata. Si è confermato che l’oggetto fosse uno dei pezzi sottratti dalla boutique. Questo ha portato a una perquisizione dello stand della gioielleria Vintage, dove sono stati sequestrati altri articoli rubati per un valore stimato di circa 30mila euro.
Le indagini hanno inoltre evidenziato il legame tra l'ormai ex dipendente e la gioielleria attraverso attività sui social media, dove il primo aveva recensito positivamente il negozio. Questi dettagli hanno fornito ulteriori prove per il pm Giorgio Orano, che sta conducendo il caso.
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