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Caso Regeni, la testimonianza di Giuseppe Conte: «Diversi contatti con Al Sisi, ma infruttuosi»

  • Edoardo Iacolucci
  • 11 feb
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 12 feb

L'ex presidente del Consiglio Conte è stato ascoltato al tribunale penale di Roma sul caso Regeni: «Sempre chiesta collaborazione all'Egitto»

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Giuseppe Conte nel Tribunale penale di piazzale Clodio, a Roma per il caso Regeni (La Capitale)

Oggi davanti ai giudici della prima Corte d'Assise di Roma, hanno testimoniato l'ex premier Giuseppe Conte, l'ex ministra dello sviluppo economico Federica Guidi e il diplomatico Davide Bonvicini, all’epoca in servizio in Egitto, nel processo per la morte di Giulio Regeni, il ricercatore e giornalista friulano torturato e ucciso nel gennaio 2016 a Il Cairo.


Sono i depistaggi, la collaborazione mancata del governo egiziano, ed i ritardi nella segnalazione della scomparsa i tre elementi che hanno poi portato alla tragica morte del ragazzo sequestrato, torturato e ucciso al Cairo nel 2016, che si sarebbe potuto salvare, è emerso oggi nel processo, se burocrazia e diplomazia fossero intervenute tempestivamente.


L'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte in aula Occorsio, nel tribunale romano di piazzale Clodio, nel processo sulla morte di Regeni è partito dai rapporti tra i due paesi: «Quando ero presidente del Consiglio, ho avuto diversi incontri con il presidente Al Sisi e numerosi scambi telefonici. In tutte le occasioni ho sempre ribadito la necessità di accertare i fatti relativi all'omicidio di Giulio Regeni, sottolineando che per l'Italia era imprescindibile una collaborazione con l'Egitto per chiarire cosa fosse accaduto», ha dichiarato Conte.


Giuseppe Conte, riportando la sua impressione di uno degli incontri avuti con Al Sisi, ha aggiunto: «Al Sisi avrebbe voluto che andassi in visita ufficiale di Stato e mi chiese di sviluppare le relazioni, ma spiegai che la normalizzazione vera poteva arrivare solo con un chiarimento sulla vicenda Regeni».


 Le citazioni come persona informata sui fatti inviate al presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi sono state sistematicamente rifiutate, dimostrando la scarsa volontà dell'Egitto di collaborare con la magistratura italiana, che attende ancora risposte su alcune rogatorie.


Conte: «Mai una chiusura, ma nessuna collaborazione concreta»

Il leader del Movimento 5 Stelle ha poi aggiunto: «C'era una apparente disponibilità a parole, mai una chiusura, ma di fatto non c'è stata una fattiva collaborazione».


Conte in particolare ha ricordato la Conferenza di Palermo, del novembre 2018, organizzata per affrontare la crisi libica: «Ho trovato Al Sisi con un atteggiamento rigido e rivendicazioni pretestuose. Forse, da parte mia, c'è stato un successivo irrigidimento».


Nel 2019, a Pechino, durante un summit internazionale, Conte ha espresso «completa insoddisfazione per come stavano andando le cose», spiegando che l'Italia non poteva essere presa in giro sulla vicenda.


«Normalizzazione solo con la verità su Regeni»

Infine, Conte ha rivelato che Al Sisi gli chiese di effettuare una visita ufficiale di Stato e di sviluppare le relazioni bilaterali tra Italia ed Egitto. Tuttavia, l'ex premier rispose chiaramente: «La normalizzazione vera poteva arrivare solo con un chiarimento sulla vicenda Regeni».



Depistaggi e intimidazioni: il racconto del diplomatico Bonvicini

Il diplomatico Davide Bonvicini ha parlato di intimidazioni e pedinamenti dopo il ritrovamento del corpo di Regeni. Durante la deposizione in aula, ha dichiarato: «Dopo il ritrovamento del corpo di Giulio nei miei confronti, cambiò tutto. Anche il mio atteggiamento nei confronti della città e delle amicizie. Ho avuto l'impressione di essere seguito. Notai sotto casa un agente in borghese, sempre la stessa persona. Credo sia stato fatto con proposito».


Conte sulla vendita delle fregate all’Egitto

Interpellato dai giornalisti, Giuseppe Conte ha ribadito di non essersi pentito della vendita di due fregate all'Egitto durante il suo mandato: «Non c'è stata occasione in cui non ho insistentemente richiesto cooperazione e collaborazione, che obiettivamente non c'è quasi stata. Questo processo è merito della nostra magistratura, dei nostri investigatori e della nostra intelligence».


Prossime udienze: attesi Al Sisi, il figlio e Carlo Calenda

Domani si terrà una nuova udienza in cui sono stati citati, Abdel Fattah Al Sisi e suo figlio, Carlo Calenda, leader di Azione, Michele Valensise, ex Segretario generale del Ministero degli Affari Esteri ai tempi dei fatti.


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