Casal del Marmo, garanti dei detenuti Calderone e Anastasìa: «Spirale verso il basso. Giusto protestare pacificamente»
A Casal del Marmo, il degrado delle condizioni e la mancanza di personale alimentano violenza e disperazione tra i minori detenuti. I garanti di Roma e Lazio, Calderone e Anastasìa denunciano il fallimento delle scelte legislative del governo e le condizioni nel carcere minorile romano
È «una picchiata libera verso il basso» se si analizzano le condizioni e «quello che troviamo lì dentro e a quello che lì dentro succede». Lo spiega Valentina Calderone, garante dei detenuti di Roma dal 2023, parlando dell'istituto penitenziario minorile di Casal del Marmo, nella presentazione del dossier di Antigone sugli Istituti penitenziari per minorenni (Ipm).
«Il carcere è sempre un ottimo modo di guardare le dinamiche della società - ricorda Calderone-. E provando ad allargare lo sguardo rispetto sui tanti minori stranieri non accompagnati oggi all'interno dei nostri penitenziari, noi possiamo sicuramente dire che i cambiamenti che ci sono stati in questi anni rispetto alle leggi sulle migrazioni, alle possibilità di avere dei documenti, alle possibilità di essere regolari sul nostro territorio è un tema importante».
Il modo in cui l'accoglienza per i minori è stata impoverita nel corso degli ultimi anni conduce all'idea secondo la garante «che di questi ragazzi, non c'è intenzione di occuparcene, non sappiamo che fare, non riusciamo a trattenerli nel sistema di protezione che dovrebbe esserci quando un minore straniero entra in Italia».
A Casal del Marmo su 60 ragazzi e ragazze, capita che una decina sia dentro per spaccio di lieve entità. Questa è una delle eredità del decreto Caivano. Numerose sono state le proteste nell'istituto penitenziario minorile romano, quasi una al mese nell'ultimo anno.
La storia del ragazzo di 16 anni a Casal del Marmo: «Disperato per sua madre»
Dopo le ultime proteste, lo scorso settembre, Valentina Calderone è andata in visita al minorile romano, imbattendosi in una storia emblematica: «C’era un ragazzino di 16 anni, dal Magreb, ed erano 3 giorni che cercava di suicidarsi (tanto che aveva una sorveglianza psichiatrica). Era senza papà e aveva saputo che la madre nel suo paese di origine non aveva di che sostentarsi: il fratello maggiorenne, che era in Italia, era stato rimpatriato nel suo paese e lì era richiuso in carcere».
Il giovane 16enne era disperato: la sua preoccupazione era proprio di non sapere chi si sarebbe occupato adesso della madre. Ma per quale motivo era detenuto? «Sono andata a chiedere il motivo - racconta Calderone - 20 euro in tasca 0,6g di hashish e 0,4g di marijuana: un grammo e 20 euro in tasca. Questo è il motivo, perché un ragazzino di 16 anni sta in questo momento in un carcere minorile, nel nostro Paese».
A Casal del Marmo «si è innescata una spirale micidiale». Per mancanza di personale nei mesi scorsi spesso i giovani non venivano portati a scuola perché lì non c'era persone di sorveglianza, e rimangono all'interno delle stanze: «Diventano così nervosi, cresce l'aggressività, scoppiano risse tra loro e problemi con il personale - continua la garante Calderone - . Seguono divieti d'incontro e provvedimenti disciplinari». Per i divieti d'incontro, se ad esempio dieci ragazzi frequentano un laboratorio, alcuni di loro non si possono incontrare, ci sono attività che non vengono fatte per niente o vengono fatte per uno o due persone: «Un continuo crescere di rabbia, frustrazione e aggressività interna, in una spirale che nessuno ora sta riuscendo a disinnescare».
Cosa che forse dovrebbe essere la prima cosa da fare è «capire come garantire delle attività che siano sensate, non consentire che questi ragazzi siano costantemente in balia delle disponibilità o meno dei turni della polizia penitenziaria».
Se gli istituti minorili diventano un luogo del contenimento e nient'altro «non possiamo puntare il dito, non possiamo dire “sono più rabbiosi sono più violenti” e - precisa la garante capitolina dei detenuti - non pensare alle responsabilità di chi dovrebbe occuparsene».
Ora, a Casal del Marmo, ci sono in tutto 60 ragazzi «ma siamo entrati ad inizio agosto ed erano come ora 60, a fine agosto erano 70. È possibile - conclude Calderone- che la forbice delle presenze si ampli anche nel giro di 20 giorni in maniera totalmente incontrollata».
Il garante dei detenuti del Lazio, Anastasìa: «In carcere si ha quel che si dà»
Insieme a Valentina Calderone ad agosto a Casal del Marmo è andato in visita Stefano Anastasìa, il garante dei detenuti della Regine Lazio. Le proteste, tra piccole e grandi, negli istituti penali italiani per minori sono una o due alla settimana: l'estate è passata così: «Bisogna dire che di fronte all'assenza di prospettive, di offerte educative, di fiducia perché quello che noi vediamo nelle carceri è che nelle relazioni interpersonali si ha quello che si dà, se quel che si dà è la cella chiusa, quello che si ha in cambio è il casino»
Concorda con Calderone, Stefano Anastasìa sull'impoverimento della rete di accoglienza e non cita solamente "decreto Caivano" (contro il disagio giovanile, povertà educativa, criminalità minorile) e ddl Sicurezza («una enorme macchina di propaganda che ha costruito una conflittualità sociale che va repressa ovunque essa si manifesti»), ma anche il decreto Cutro (che ha ristretto le ipotesi di divieto di espulsione e di rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale): «In quell'incremento dei minori stranieri non accompagnati nelle carceri minorili, c'è lo smantellamento della rete di accoglienza. La conseguenza la vediamo negli istituti».
Nella narrazione dominante del governo, secondo Anastasìa «c'è una rappresentazione di una guerra tra guardie e ladri, in cui i ladri sono inevitabilmente ladri e non possono far altro che i ladri senza prospettive reali di educazione».
Nel report di Antigone sugli Ipm, «c’è l'esito di un'idea della devianza come un fatto ontologico di persone che sono segnate da questa macchia e che devono essere rimesse in riga con ordine disciplina - spiega Anastasìa -, questo è quello che si dice da due anni e i risultati sono quelli che vediamo da due anni. Continuo ad accumulare autodenunce ma l'ho detto e lo ridico: i detenuti fanno bene a protestare in maniera non violenta».
Il garante dei detenuti regionale è convinto infine che questa situazione non può essere gestita così: «Alla fine, gli scoppierà in mano. Gli istituti penali per minori e per adulti non si possono riempire l'infinito. Il governo e le amministrazioni dovranno prima o poi prendere coscienza che così non possono andare avanti».
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