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Carcinoma al fegato, è Roma la provincia più colpita del Lazio

Anita Armenise

La capitale e il Lazio si trovano di fronte alla necessità urgente di implementare una strategia sanitaria per la gestione dell’epatocarcinoma, il tumore primitivo più frequente del fegato

fegato

Nel 2020 Roma ha registrato il maggior numero di casi di cirrosi epatica e di epatocarcinoma nel Lazio. Oltre 51mila le persone affette da cirrosi epatica in tutta la regione, con una concentrazione significativa a Roma. La capitale e il Lazio si trovano infatti di fronte alla necessità urgente di implementare una strategia sanitaria per la gestione dell’epatocarcinoma, il tumore primitivo più frequente del fegato.


È stato tema centrale durante l’evento Ecm «L'epatocarcinoma nel Lazio. Focus sulle diverse realtà territoriali», tenutosi il 27 novembre a Latina, dove esperti e rappresentanti delle principali istituzioni sanitarie hanno ribadito l’importanza di creare una rete integrata che garantisca ai pazienti romani.


Tumore al fegato, Roma al centro della rete sanitaria per l’epatocarcinoma

Nella capitale ospedali come il Policlinico Umberto I e l’Ospedale San Camillo svolgono un ruolo cruciale nella diagnosi e cura dell’epatocarcinoma, rappresentando punti di eccellenza nel Lazio.


«Ad oggi purtroppo sussiste una disparità nei percorsi di presa in carico e cura dei pazienti affetti da epatocarcinoma nel Lazio- ha sottolineato il professor Adriano De Santis, associato di Gastroenterologia alla Sapienza e Dirigente medico nella Uoc di Gastroenterologia del Policlinico Umberto I di Roma- la distribuzione delle risorse sul territorio, infatti, non risulta uniforme e non tutti i centri regionali dispongono di tutte le opzioni diagnostiche e terapeutiche».


Esistono infatti difficoltà nell’accesso alle cure tra i pazienti residenti nelle diverse aree della città e nei quartieri periferici, dove le risorse risultano spesso limitate.


Un approccio multidisciplinare

A Roma, il Policlinico Umberto I ha sviluppato una collaborazione con le Asl locali e ospedali regionali, come il Santa Maria Goretti di Latina, per ottimizzare i percorsi di diagnosi e cura. Questo modello integrato include uno screening precoce per individuare i pazienti a rischio, percorsi terapeutici condivisi, che coinvolgono gastroenterologi, oncologi, radiologi e chirurghi e anche trattamenti innovativi, tra cui la radioembolizzazione epatica, già utilizzata con successo in oltre 1.500 pazienti.


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