Roma ha un nuovo carcere, ma è in Albania
- Edoardo Iacolucci
- 6 mag
- Tempo di lettura: 3 min
Valentina Calderone, garante capitolina dei detenuti ha spiegato come Roma abbia la competenza di 12 posti in più in Albania. Si legge nei dati di aprile, sul portale del ministero della Giustizia

Il numero di carcerati di competenza della Garante dei detenuti di Roma è aumentato: 12 unità, 12 posti in più, per ora liberi - nonostante non si trovino sul territorio italiano. Si tratta della ormai celebre struttura di Gjader, in Albania.
Come osserva con sorpresa la stessa garante capitolina dei detenuti, Valentina Calderone:
«Vai a controllare i dati mensili del ministero della Giustizia sulle presenze negli istituti penitenziari, e ti accorgi che il numero delle carceri di tua competenza è aumentato. Dodici posti, per ora vuoti. È ora di organizzare una trasferta».
Il Cpr e carcere in Albania
Il trattenimento di alcune decine di migranti nel centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) costruito dall’Italia a Gjader rappresenta il primo concreto utilizzo della struttura, rimasta praticamente inattiva per mesi.
Inizialmente pensato come centro multifunzionale per la gestione delle persone intercettate nel Mediterraneo, contenente anche una sezione carceraria, è stato riconvertito con un decreto-legge di marzo 2025 per essere utilizzato almeno come Cpr a tutti gli effetti.
«Tutto quel complesso che è stato costruito - spiega la garante capitolina Calderone, a La Capitale - prevede varie strutture, tra cui un Cpr, centro per migranti e anche una piccola sezione carcere».
«E quindi questi 12 posti che sono comparsi questo mese per la prima volta nella statistica del ministero della Giustizia sotto il territorio di Roma sono la sezione prettamente carceraria di Gjader. Nei medesimi dati risalenti al 31 marzo non c'era - precisa Calderone - e in questi numeri relativi al 30 aprile è invece comparsa questa nuova voce».
Come funziona il Cpr in Albania
I Cpr ospitano persone a cui è già stato notificato un decreto di espulsione, e che sono in attesa di rimpatrio. In Italia ce ne sono circa dieci, a Roma si trova vicino Fiumicino, a Ponte Galeria. Spesso sono state denunciate le condizioni detentive ardue ed inadeguate con violazioni sistematiche dei diritti umani.
Anche il centro di Gjader, secondo quanto riferito da Cecilia Strada (europarlamentare del Pd) e Anna Pellegrino (avvocata Asgi), rispecchia queste criticità. Dal primo trasferimento, avvenuto l’11 aprile, sono già stati registrati 35 “eventi critici”, soprattutto atti di autolesionismo, tentativi di suicidio e proteste. Si tratta di una media di 2,5 eventi al giorno, ha detto Pellegrino al Post.
Le condizioni nel Cpr
Le condizioni all’interno del Cpr, dopo la visita dell'europarlamentare, sono definite al Post particolarmente dure: scendono ammanettati. Una volta dentro, elementi architettonici pericolosi che facilitano i tentativi di impiccagione, come sprinkler antincendio accessibili e tavoli fissati proprio lì sotto.
Secondo Strada, il trasferimento è avvenuto senza informare i detenuti né consentire loro di contattare le famiglie o gli avvocati. «Sono stati svegliati all’alba, legati con fascette, portati prima in pullman per ore e poi in nave, sempre con le mani legate. Non hanno potuto nemmeno mangiare o andare in bagno liberamente», denuncia Strada ai microfoni di Radio Radicale.
Nonostante non sia sovraffollato, il centro è caratterizzato da un isolamento estremo: mancano contatti con l’esterno, non si può usare il cellulare, non si ricevono pacchi e i colloqui con avvocati italiani sono rari. «Un limbo» lo definisce la dem, dove i migranti non sanno nemmeno dove si trovano né per quanto tempo resteranno.
Tra i 25 migranti attualmente presenti ci sono persone già passate da altri Cpr italiani o da carceri, spesso con un peggioramento delle loro condizioni psicofisiche. Alcuni provengono da detenzioni in cui si è fatto largo uso di psicofarmaci.