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Edoardo Iacolucci

Alessandro Barbero spiega in dialetto le mode della Roma medievale e la vita di Cola di Rienzo [VIDEO]

Orfana dei papi partiti per Avignone, Roma era una metropoli vivacissima e violenta. Alessandro Barbero in una piazza di Pietra gremita ha parlato di questa metropoli turbolenta. Non la Roma di oggi, ma quella del Trecento

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Alessandro Barbero a piazza di Pietra (La Capitale)

Alessandro Barbero di fronte ad una piazza di Pietra gremita ha parlato di una Roma vivacissima turbolenta e violenta. E non era la Roma di oggi, ma quella del Trecento e l’ha fatto attraverso il dialetto dell’Anonimo Romano e dei suoi scritti, parlando delle mode, degli stili della Roma medievale e sulla vita di Cola Di Rienzo: «È una lingua in cui la B e V si confondono per cui lui per dire "bocca" dice "vocca" - spiega Barbero - in cui usa molto la J per dire gente dice "jente"». Si usano dittonghi: «Per dire bidello dice bidiello e per dire "Renzo" dice "Rienzo"».



Sennò il Cola di Rienzo lo chiameremmo «Cola di Renzo». Invece è con la cronaca dell'Anonimo Romano, che abbiamo la principale fonte per conoscere l'opera «di quello che altrimenti chiameremo Cola di Renzo e invece loro pronunciavano "Rienzo"».


Roma nel Trecento, orfana dei papi partiti per Avignone, era una metropoli vivacissima e violenta. Qui tra vari esperimenti politici più rivoluzionari, la viva e turbolenta popolazione. E si esprimeva in un dialetto tra il latino, il romano con qualche sonorità simile a dialetti meridionali. Una lingua quasi sperimentale, prima dell'influenza toscana.

E a scrivere in questa lingua è un cronista sconosciuto nel nome, ma conosciuto comunemente come Anonimo Romano. Ed è tra le sue righe, scorrendo le pagine, che emerge in presa diretta il carattere focoso e imprevedibile dei nostri avi nella Roma del Medioevo. Ma anche delle mode, come ce ne sono ancora oggi. Prima le persone si vestivano con tunica larghe e comode. Poi la moda cambia: « Iniziano ad andare moda attillati giubbetti corti - racconta Barbero nella sua lezione -. Poi fino all'inizio del Trecento nessuna persona perbene portava la barba - solo i templari la portavano a cui era imposto per regola - ma nessun altro aveva la barba e invece a un certo punto viene di moda il pizzetto prima fra i giovani e poi sempre di più e sempre più abbondanti queste queste barbe».

E l'Anonimo Romano trova un pretesto per entrare in questo argomento modaiolo nella sue cronache. E parla di barba cresciuta smisuratamente folta e lunga. I cappucci delle mantelle «luonghi».

 



Una Roma violenta, nella società e come nel gioco, come quelli di Testaccio, una arcaica corrida: «In cima al monte Testaccio si portavano a mandrie di tori e di maiali che poi venivano lasciati liberi e aizzati a precipitarsi giù dalla collina e galoppare nella città con i giovani romani che a gara li uccidevano. Una delle grandi feste che i romani dell'epoca adoravano».


Questo di Barbero, a piazza di Pietra è stato uno dei 19 appuntamenti delle quattro giornate del Roma Storia Festival intitolata «Il carattere dei Romani», che si tiene nella Capitale dal 19 al 22 settembre


L'evento della Camera di Commercio di Roma insieme ad Editori Laterza con il patrocinio della Commissione Europea e dell'assessorato alla Cultura del Campidoglio.

 


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